Certificazione Unica e utili corrisposti nel 2014 e il modello CUPE
Come noto, infatti, la Certificazione Unica ha accorpato in un unico modello ciò che prima era contenuto nel CUD, sul versante del lavoro dipendente, e ciò che prima veniva certificato in forma libera, sul versante del lavoro autonomo e/o occasionale. Le suddette novità, tuttavia, non hanno interessato la certificazione degli utili e dei proventi equiparati (il c.d. modello CUPE) corrisposti nel 2014, per la quale si continua ad utilizzare il modello in vigore, che, si ricorda, è da consegnare ai singoli percipienti entro il 28.02.2015. Inoltre, come specificato nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15.01.2015, tali certificazioni, al contrario della certificazione unica (CU), non devono essere trasmesse telematicamente.
Il modello CUPE deve essere rilasciato ai soggetti residenti nel territorio dello Stato che nel corso del 2014 hanno percepito utili derivanti dalla partecipazione a società, residenti e non residenti, in qualunque forma corrisposti, intendendosi tali tutti quei proventi derivanti da titoli e strumenti finanziari assimilati alle azioni di cui all’art. 44, comma 2, lett. a) del Tuir.
Vi rientrano, ad esempio, tutti i titoli e/o strumenti finanziari, diversi dalle azioni, la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici.
I percettori degli utili dovranno utilizzare i dati contenuti nella certificazione per indicare i proventi conseguiti nella dichiarazione annuale dei redditi. In tal senso restano esclusi da certificazione, e quindi dagli obblighi dichiarativi:
1. Gli utili e gli altri proventi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva come, ad esempio, i dividendi provenienti da partecipazioni non qualificate.
2. Gli utili e gli altri proventi relativi a partecipazioni detenute nell’ambito delle gestioni individuali di portafoglio. La certificazione deve essere rilasciata anche ai soggetti non residenti che hanno percepito utili o altri proventi equiparati, assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta ovvero a imposta sostitutiva (anche sulla base delle convenzioni internazionali), per i quali intendono ottenere nel Paese di residenza, ove previsto, il credito d’imposta per le imposte pagate in Italia.
La principale novità di quest’anno è correlata ai cambiamenti introdotti dalla D.L. n. 66/2014 in materia di tassazione dei redditi di capitale e di natura finanziaria.
Si ricorda, a decorrere dal 1° luglio 2014, la ritenuta/imposta sostitutiva su interessi, premi e ogni altro provento considerato reddito di capitale è stata innalzata al 26%, in luogo della precedente aliquota del 20%.
Per i dividendi tali modifiche riguardano le sole partecipazioni non qualificate mentre per quelle qualificate il regime fiscale non è variato. L’aliquota da applicare sarà diversa a seconda dell’investimento che si intende remunerare, essendo diverso il criterio di prelievo sottostante: così, ad esempio, se per gli interessi sui conti correnti vige il criterio della maturazione, per i dividendi non qualificati, a prescindere dalla delibera assembleare che ne ha concesso l’erogazione, varrà invece il criterio di percezione.
La distribuzione dell’utile d’esercizio è sottoposta ad una serie di limitazioni, al fine di tutelare il patrimonio aziendale e per garantire tutti gli interessati coinvolti. I primi limiti sono costituiti dall’obbligo di accantonare gli utili: • a riserva legale (ex art. 2430 Cod.Civ.), in misura pari al 5% degli utili netti annuali, fino al raggiungimento di un quinto del capitale sociale; • all’eventuale riserva statutaria, secondo gli obblighi eventualmente previsti dallo statuto stesso. Ulteriori limiti o vincoli alla distribuzione degli utili, possono essere imposti dallo Statuto Societario o dalla stessa Assemblea. Possono infatti essere previsti: • privilegi nella ripartizione degli utili, a seconda delle categorie di azioni; • diritti di partecipazione agli utili per soci promotori, soci fondatori, amministratori o dipendenti. I commi 2, 3 e 4 dell’art. 2433 Cod.Civ. pongono ulteriori limitazioni alla distribuzione di utili; in particolare: “Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. I dividendi erogati in violazione delle disposizioni del presente articolo non sono ripetibili, se i soci li hanno riscossi in buona fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrispondenti.” Non si può infine dar luogo a ripartizione di utili nel caso in cui: • nell’attivo dello Stato Patrimoniale della società siano iscritti costi di impianto e di ampliamento, costi di ricerca e sviluppo o costi di pubblicità, non coperti da riserve disponibili; • la società, in presenza di perdite rinviate da precedenti esercizi, ha in circolazione delle obbligazioni il cui ammontare eccede il doppio della somma del capitale sociale, della riserva legale e delle altre riserve disponibili ai fini della copertura delle perdite. Una volta verificati ed ottemperati i predetti vincoli, l’Assemblea dei Soci, in sede di approvazione del bilancio o con apposita delibera assembleare successiva, può disporre la distribuzione ai soci degli eventuali utili rimanenti. In sede di redazione del progetto di bilancio dell’esercizio, la proposta di distribuzione dell’utile, sarà effettuata dall’organo amministrativo e dovrà essere riportata nella Relazione www.ecnews.it Edizione di giovedì 19 marzo 2015 sulla Gestione o, in assenza, in Nota Integrativa. La delibera di distribuzione di utili, se contestuale all’approvazione del bilancio, è soggetta al deposito, a cura degli amministratori, presso il registro delle imprese nel termine di 30 giorni dalla data di adozione. La stessa deliberazione assembleare, contenente la previsione di una distribuzione di utili, deve essere preventivamente depositata presso l’Agenzia delle entrate, poiché soggetta a imposta di registro. Il verbale assembleare che prevede la distribuzione degli utili è infatti soggetto all’obbligo di registrazione in termine fisso decorrente dalla data di riunione assembleare, con il pagamento dell’imposta di registro in misura fissa pari a € 200,00. Il versamento della suddetta imposta va effettuato entro 20 giorni dalla data dell’assemblea con modello F23. La procedura da seguire per la registrazione del verbale di assemblea di distribuzione degli utili è la seguente: 1. stampare sul libro delle decisioni dei soci per le S.r.l. ovvero sul libro dei verbali di assemblea per le S.p.a. il verbale inerente la deliberazione di distribuzione degli utili e/o riserve; 2. predisporre due copie del verbale succitato su fogli uso bollo, firmate in originale ed apporre, su ogni copia, una marca da bollo di € 16 ogni quattro facciate o 100 righi. 3. eseguire, entro 20 giorni dalla data del verbale di delibera, il versamento dell’imposta di registro in misura fissa pari a € 200,00 utilizzando il modello F23 ed indicandovi il codice “109 T – Imposta di registro per atti, contratti verbali e denunce” e la causale “RP”. 4. presentare, entro 20 giorni dalla data del verbale di delibera, all’Agenzia delle entrate le copie del verbale di assemblea di cui al punto 2. e la ricevuta del versamento effettuato al fine di ottenere la registrazione della delibera assembleare di distribuzione degli utili. Si ricorda, infine, che entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di effettiva percezione dei dividendi, i soggetti Ires devono rilasciare apposita certificazione di cui all’articolo 4, commi 6-ter e 6-quater, del D.P.R. n. 322/1998 ai soggetti percipienti.