IVA sui beni introdotti in Italia per essere lavorati art 38 art 41 DPR 331/93

Nuovo art. 38, comma 5, lett. a), ed, art. 41, comma 3, del DL 331/93  Nuovo art. 9 comma 1 numero 4-bis del DPR 633/72 Conseguenze operative significative. In vigore il 18 agosto 2015

La legge europea 2014, approvata in via definitiva dalla Camera venerdì scorso e poi pubblicata in Gazzetta Ufficiale (L. 29 luglio 2015 n. 115), contiene disposizioni attuative degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Ue.

In particolare, in materia di IVA, il legislatore nazionale è intervenuto sulla disciplina degli scambi intracomunitari (artt. 38 e 41 del DL 331/93) e sulla disciplina dei servizi internazionali (art. 9 del DPR 633/72).

Per quanto concerne la disciplina degli scambi Intra-Ue, sono state modificate le previsioni relative al trasferimento, dall’Italia ad altro Stato membro e viceversa, di beni introdotti perché siano oggetto di perizia o siano sottoposti a lavorazioni o manipolazioni usuali, al fine di rendere l’ordinamento interno conforme al disposto dell’art. 17, paragrafo 2, lett. f) della direttiva 2006/112/CE.

Il nuovo art. 38, comma 5, lett. a) del DL 331/93 esclude dalla disciplina degli scambi intracomunitari le introduzioni in Italia di beni provenienti da altro Stato membro, poste in essere da un soggetto passivo IVA in detto Stato membro solo “qualora il bene, al termine della perizia o dei lavori, sia rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale era stato inizialmente spedito o trasportato”.

Parimenti, il nuovo art. 41, comma 3 del DL 331/93 esclude dalla disciplina degli scambi intracomunitari, i trasferimenti di beni dall’Italia ad altro Stato membro, poste in essere da un soggetto passivo IVA italiano solo “se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente soggetto passivo d’imposta, nel territorio dello Stato”.

Prima dell’approvazione della legge europea (che entrerà in vigore il 18 agosto 2015), ai sensi della versione precedente dell’art. 38 comma 5 lett. a) del DL 331/93, non costituiva operazione assimilata all’acquisto intracomunitario (soggetta a IVA in Italia) l’introduzione nel territorio dello Stato di beni oggetto di perizia, lavorazione o manipolazioni usuali se, successivamente all’esecuzione della prestazione di servizi, i beni erano rispediti al committente nello Stato di provenienza ovvero per suo conto in un altro Stato della UE ovvero al di fuori del territorio della Ue.

In sostanza, il regime sospensivo veniva riconosciuto anche ai beni che, dopo la lavorazione in Italia, erano inviati in uno Stato membro diverso da quello da cui i beni erano stati originariamente spediti.

Analogamente, la precedente formulazione dell’art. 41, comma 3 DL 331/93 prevedeva che non costituisse operazione assimilata alla cessione intracomunitaria, non imponibile, l’invio di beni ai fini in parola in altro Stato membro tout court.

Le conseguenze operative della modifica normativa sono significative.

In virtù della nuova disciplina, il soggetto passivo italiano che si trovi a inviare beni in lavorazione in un altro Stato della Ue, senza che gli stessi facciano rientro in Italia, non potrà beneficiare del regime IVA sospensivo e dovrà considerare l’operazione un trasferimento di beni a se stesso (previa identificazione nell’altro Stato membro di destinazione), non imponibile IVA, con effetti positivi sia ai fini dell’acquisizione della qualifica di esportatore abituale, sia per la determinazione dell’ammontare del plafond.

Le conseguenze per gli operatori comunitari non italiani che trasferiscono beni propri in Italia per perizie, lavorazioni e manipolazioni, che adesso devono registrarsi ai fini IVA in Italia per effettuare l’acquisto intracomunitario “fittizio”, con applicazione dell’imposta.

 

Altra novità in materia di IVA prevista dalla legge europea 2014 riguarda l’estensione del regime di non imponibilità IVA di cui all’art. 9 comma 1 del DPR 633/72 (mediante introduzione del nuovo numero 4-bis) a tutti i servizi accessori relativi alle:

- piccole spedizioni di carattere non commerciale, di cui alla direttiva 2006/79/CE;

- spedizioni di valore trascurabile di cui alla direttiva 2009/132/CE, sempreché i corrispettivi dei servizi in questione abbiano concorso alla formazione della base imponibile IVA ex art. 69 del DPR 633/72 e l’importazione non sia stata assoggettata ad imposta.

 

Per rendere organica l’intera disciplina, la legge europea 2014 dispone la prossima emanazione, da parte del Ministero dell’Economia, di un decreto che modifichi il precedente DM 5 dicembre 1997 n. 489, il quale fissa le condizioni per effettuare importazioni in regime di franchigia dai prelievi doganali (dazi e IVA all’importazione).

Il suddetto regime di franchigia dovrà rendersi applicabile ai:

- beni oggetto di piccole spedizioni, prive di carattere commerciale, spedite da un Paese terzo da un privato e destinate ad un altro privato che si trovi in uno Stato membro (art. 1 della direttiva 2006/79/CE);
- beni di valore totale non superiore a 10 euro, fermo restando che gli Stati membri possono applicare la franchigia alle importazioni di beni di valore totale compreso fra 10 e 22 euro ed escludere dall’agevolazione i beni importati per corrispondenza (art. 23 della direttiva 2009/132/CE).

 

L’incompatibilità della previgente disciplina nazionale era stata confermata dalla Corte di Giustizia Ue nella sentenza Dresser-Rand (cause riunite C-606/12 e C-607/12 del 6 marzo 2014). In tale contesto, i giudici europei hanno stabilito che l’art. 17, paragrafo 2, lett. f) della direttiva 2006/112/CE, in materia di scambi Intra-Ue, “deve essere interpretato nel senso che consente di non qualificare come cessione intracomunitaria il trasferimento di un bene in un altro Stato membro soltanto a condizione che tale bene rimanga temporaneamente in questo Stato membro e sia destinato ad essere rispedito, in un momento successivo, nello Stato membro di origine”.

Evidenziavano i giudici che la ratio della disposizione comunitaria è di escludere dal regime delle cessioni intracomunitarie le sole movimentazioni di beni “effettuate non ai fini del consumo finale del bene in tale Stato membro, bensì in vista dell’esecuzione di un’operazione di trasformazione del bene stesso, seguita dalla sua rispedizione nello Stato membro di origine”.

La menzionata sentenza aveva portato la Commissione europea ad avviare la fase precontenziosa della procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano (caso n. 6286/14). Procedimento che, quindi, non sfocerà nell’apertura di un’effettiva procedura di infrazione.