Competenza delle perdite su crediti DLGS 1/9/2015 n. 14

crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento,

L’articolo 13 interviene ad introdurre un nuovo comma 5-bis nell’articolo 101 del TUIR, in tema di competenza delle perdite su crediti.

Le norme di cui sopra si applicano a partire dal periodo di imposta 2015.

L’articolo 13 pone fine al dubbio in merito al corretto esercizio di competenza della deduzione. 

Per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento, la deduzione della perdita su crediti è ammessa, ai sensi del comma 5, nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, ai sensi del predetto comma, sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l’imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio”.

 

Le novità si applicano dal periodo d’imposta in corso al 7.10.2015 (2015 per i soggetti “solari”, con impatto su UNICO 2016).

PERDITE CONSEGUENTI A PIANI ATTESTATI DI RISANAMENTO

I piani di risanamento attestati da un professionista qualificato (ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. d) della legge fallimentare) sono inseriti tra le procedure concorsuali e gli istituti assimilati che consentono la deducibilità “in ogni caso” delle perdite in oggetto, senza dover ulteriormente dimostrare la sussistenza degli elementi certi e precisi.

Viene così risolta l’incongruenza creatasi per effetto delle modifiche introdotte dal citato DL 83/2012, il quale aveva sancito la deducibilità “automatica” delle perdite su crediti scaturenti dalla conclusione di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis della legge fallimentare.

In tale modo, però, si era resa la disciplina in materia di perdite su crediti “asimmetrica” rispetto a quella delle sopravvenienze da esdebitamento (art. 88 co. 4 del TUIR), per le quali lo stesso DL ha da subito previsto (seppur entro certi limiti) l’esclusione dal reddito d’impresa tanto nel caso in cui esse siano generate da accordi di ristrutturazione, quanto nell’ipotesi in cui conseguano a piani attestati di risanamento, pubblicati nel Registro delle imprese.

La deducibilità può essere fatta valere dalla data di iscrizione del piano in tale Registro.

Procedure concorsuali e istituti assimilati rilevanti

In seguito alle novità apportate, da ultimo, dal DLgs. 147/2015, le perdite su crediti sono “in ogni caso” deducibili se il debitore è assoggettato alle seguenti procedure e istituti assimilati:

• fallimento;

• liquidazione coatta amministrativa;

• concordato preventivo;

• amministrazione straordinaria;

• accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (dal 2012);

• piani attestati di risanamento, pubblicati nel Registro delle imprese (dal 2015).

 

In termini temporali negli scorsi anni già l’Agenzia delle Entrate prima (circolare 26/E del 1 agosto 2013) e l’OIC, dopo (“Disciplina contabile della cancellazione dei crediti”, integrativo dell’OIC n. 15: I Crediti) avevano affrontato la questione; ed ora (DLgs.147/15 art.13) il legislatore è intervenuto per ampliare le ipotesi di cancellazione del credito adattandole ad un contesto di mercato assai mutevole dominato dal ricorso sempre maggiore ai numerosi strumenti di soluzione della crisi di impresa, definendo anche con maggior chiarezza il concetto di competenza delle perdite financo a emanare una norma di interpretazione autentica sulle svalutazioni operate per masse. 

 

Il DLgs. 147/2015 rende certa l’individuazione del periodo di competenza per la deducibilità della perdita con riferimento:

• sia ai crediti di modesta entità (cioè, d’importo non superiore a 5.000,00 euro, per le imprese con un volume d’affari o ricavi non inferiore a 100.000.000,00 di euro, e d’importo non superiore a 2.500,00 euro, per le altre imprese) scaduti da più di 6 mesi (c.d. “mini-crediti”);

• sia ai crediti verso debitori assoggettati alle procedure concorsuali e agli istituti assimilati che consentono la deducibilità automatica della perdita.

In particolare, la deduzione della perdita è ammessa nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione è eseguita in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, in alternativa:

• sussistono gli elementi certi e precisi (vale a dire, per i crediti di modesto importo, a quello in cui sono decorsi sei mesi dalla scadenza del pagamento);

• il debitore si considera assoggettato a una procedura concorsuale o istituto assimilato.

Inoltre, al fine di delimitare l’ambito temporale della deducibilità, viene previsto che la deduzione non è più consentita quando l’imputazione avviene in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

 

DLgs.147/15 art.13 

La nuova norma afferma in modo chiaro quali debbano essere:

  • il periodo a partire dal quale la deduzione è ammessa;
  • il periodo oltre il quale la deduzione non è più ammessa;
  • le regole di gerarchia tra piano fiscale e piano civile.

 

Applicabile a partire dal periodo di imposta 2015.

 

Periodo a partire dal quale è ammessa la deduzione.

Per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento, la deduzione della perdita su crediti è ammessa, ai sensi del comma 5, nel periodo di imputazione in bilancio secondo corretti principi contabili.

 

IMPUTAZIONE DEL COSTO A CONTO ECONOMICO A TITOLO DI SVALUTAZIONE

La perdita è deducibile anche nel caso in cui a Conto economico sia confluito il costo a titolo di svalutazione, qualora si tratti di:

• crediti di modesta entità scaduti da più di 6 mesi;

• crediti verso debitori assoggettati alle procedure concorsuali e agli istituti assimilati che consentono la deducibilità automatica della perdita.

Con una disposizione interpretativa (e, dunque, retroattiva), il DLgs. 147/2015 stabilisce che le svalutazioni contabili dei predetti crediti, deducibili a decorrere dall’esercizio in cui sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili.

In pratica, viene permesso al contribuente, senza limiti di decorrenza, di rinviare la deduzione come perdite delle svalutazioni relative ai c.d. “mini-crediti” e ai crediti vantati verso debitori assoggettati a procedure concorsuali e istituti assimilati al momento dell’eliminazione del credito stesso dal bilancio, evitando così l’automatica “trasformazione” delle svalutazioni stesse in perdite e i connessi problemi di gestione.

 

Periodo oltre il quale la deduzione non è più ammessa.

Il credito non può più essere mantenuto in bilancio quando la procedura è chiusa.

Il termine ultimo dell’obbligo di cancellazione del credito dal bilancio secondo le indicazioni dell’OIC che, va rammentato, impone la cancellazione in ipotesi davvero limitate, relegando all’ambito delle svalutazioni (invece) la gran parte dell’adeguamento di valore del credito nominale rispetto a quello effettivamente incassabile.

 

Infatti, il credito non può più essere mantenuto in bilancio quando la procedura è chiusa, mentre, invece, nel periodo di svolgimento della stessa, al redattore del bilancio è affidato il compito di stimare la quota incassabile.

 

Per quanto riguarda la deduzione di perdite connesse a procedure concorsuali (si pensi, ad esempio, al fallimento) l’Agenzia aveva sostenuto che il periodo indicato fosse inderogabile, con la conseguenza che l’imputazione tardiva avrebbe condotto alla indeducibilità del costo e successivamente, grazie anche alla Cassazione, si era messa sulla posizione, sostenendo che la deduzione poteva essere operata nell’esercizio di imputazione contabile, a condizione che il medesimo non fosse frutto di una mera discrezionalità del contribuente ma fosse comprovata con supporto documentale, nello specifico proveniente dagli organi della procedura.

La dottrina aveva specificato che la deduzione fiscale dovesse accodarsi alla scelta di natura civilistica.

Principio da correlare con la esigenza di prudenza imposta dal codice civile, finiva per rendere comunque problematica la risoluzione della vicenda nel caso in cui la perdita (o, meglio la svalutazione) fosse stata operata in esercizi successivi.

 

L’articolo 13 introduce anche una norma di interpretazione autentica sul problematico comma 5 dell’articolo 101 del TUIR, specialmente per la parte in cui si debbono gestire contemporaneamente le svalutazioni congiuntamente con le perdite.

 

La norma richiamata prevede che l’articolo 101, comma 5, del TUIR si interpreta nel senso che le svalutazioni contabili dei crediti di modesta entità e di quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento, deducibili a decorrere dai periodi di imposta in cui sussistono elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili.

 

La Relazione illustrativa descrive la norma come necessaria, in quanto (nel passato) potevano sorgere incertezze interpretative in merito alla deducibilità quali perdite su crediti delle svalutazioni di crediti imputate in bilancio in presenza delle condizioni individuate dal comma 5, che ne consentono la deducibilità «in ogni caso», ovvero al verificarsi degli elementi certi e precisi cosi come specificati dal medesimo comma.

Ciò si verifica, in particolar modo, nei casi in cui le svalutazioni vengano effettuate non in modo analitico, ma per masse, e non siano perciò riferibili al singolo credito. 

Al riguardo, l'ipotesi di un'automatica trasformazione delle svalutazioni in perdite fiscali - condivisa attualmente da prassi e dottrina - risulta in molti casi assai gravosa, tanto ai fini dell'individuazione del corretto esercizio di competenza ai fini della deduzione della perdita, quanto agli effetti della ricostruzione delle successive vicende reddituali di crediti che, pur risultando contabilmente ancora iscritti in bilancio, ai fini fiscali dovrebbero considerarsi non più esistenti (in quanto le relative svalutazioni sono già state dedotte come perdite).

Anche per le imprese che hanno deciso di dare rilevanza fiscale all'automatica trasformazione delle svalutazioni in perdite fiscali, peraltro, non è escluso che possano generarsi delle aree in cui l'importo delle svalutazioni dedotte come perdite sia risultato (o risulti) inferiore a quello astrattamente  deducibile, e ciò, in particolare, sia per la mancanza nei sistema aziendali di alcuni dati rilevanti sia in conseguenza di oggettive e documentabili limitazioni delle procedure aziendali di individuazione dei crediti e di calcolo delle svalutazioni a questi attribuibili.

Ecco allora che, al fine di ovviare a tali incertezze applicative, il comma 3 dell'articolo 13 prevede che la mancata deduzione in tutto o in parte come perdite fiscali delle svalutazioni contabili dei crediti nell'esercizio in cui già sussistevano i requisiti per la deduzione non costituisca violazione del principio di competenza fiscale, sempreché detta deduzione avvenga non oltre il periodo d'imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla vera e propria cancellazione del credito dal bilancio.

 

Sembra dunque di comprendere, con l’ausilio della Relazione, che si sia inteso dare un colpo di spugna al passato, superando la chiave di lettura rigida dell’Agenzia che intendeva come perduta la possibilità di deduzione dei mini crediti se, all’interno della quota di svalutazione operata, fossero presenti partite già dotate dei requisiti quantitativi e di “maturazione” sufficienti a rendere verificate le condizioni previste dal TUIR.

 

L’art. 101, comma 5, del TUIR, prima della modifica legislativa, legava la deducibilità delle perdite su crediti alla sussistenza di elementi “certi e precisi” idonei a provare l’inesigibilità del credito con l’eccezione dei casi di procedure concorsuali o di “accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n.  267” e affermava che tali elementi (certezza e precisione) sussistano in ogni caso quando:

  • il credito  fosse  di  modesta entità e fossero decorsi almeno 6 mesi dalla scadenza di pagamento di esso, per modesta entità deve intendersi un credito di importo inferiore ai 5.000 euro per  le  imprese  di  più  rilevante dimensione e 2.500 per le altre,
  • il diritto alla riscossione del credito fosse prescritto,
  • la cancellazione del crediti dal bilancio fosse operata in applicazione dei princìpi contabili.

 

Ora, con l’art. 13 del D.Lgs. 147/2015, il legislatore rivede la disciplina delle perdite su crediti, incidendo proprio sul ciato con modifica dell’articolo 101:

  • integrando le ipotesi che consentono la deduzione automatica delle perdite su crediti,
  • esplicitando il momento di competenza di esse e
  • chiarendo, con una interpretazione autentica, quando si parla di svalutazioni e quando di perdite vere e proprie (con conseguenti differenti approcci contabili e fiscali).

 

Deduzione delle perdite si crediti

Dal punto di vista della deduzione delle perdite, in caso di applicazione di strumenti di soluzione della crisi di impresa, il legislatore ha voluto ampliare la platea ricomprendendo nella fattispecie anche i piani attestati ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del Regio decreto n.267/42 e le procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.

In merito all’esercizio di competenza delle perdite, è stato introdotto nell’art. 101 il comma 5-bis, nel quale si regola il periodo di competenza delle perdite a deduzione automatica.

La nuova norma prevede che: “la deduzione della perdita su crediti è ammessa, … , nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, …, sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l’imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta  applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio”. 

Quanto alla interpretazione autentica, tenuto conto del momento di competenza come sopra definito dalla norma, quindi l’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili, poi il comma 3 dell'articolo 13 prevede che, la mancata deduzione quali perdite fiscali delle svalutazioni dei crediti non operate nell'esercizio in cui già sussistevano i requisiti per la deduzione, non costituisce violazione del principio di competenza fiscale, sempreché tale deduzione avvenga non oltre il periodo d'imposta in cui si sarebbe dovuto cancellare il credito dal bilancio.

 

Contabilmente quindi la scrittura da eseguire in caso di possibile iscrizione in bilancio delle perdite su crediti (fiscalmente deducibili) sarà la seguente:

F.do svalutazione crediti - a - Crediti vs clienti (….)

per la parte nella quale il fondo è capiente, e per la differenza oltre il fondo

Perdita su crediti-  a - Crediti vs clienti (….)

Ad avviso dello scrivente è necessario sempre e comunque stornare il fondo esistente in ossequio al dettato del principio contabile dell’Oic 15 il quale prevede che:

“Le perdite realizzate su crediti derivanti da elementi “certi e precisi” e quindi non derivanti da valutazioni, (ad es. derivanti da un riconoscimento giudiziale inferiore al valore del credito, da una transazione o da prescrizione) si classificano nella voce B.14 Oneri diversi di gestione del conto economico, previo l’utilizzo dell’eventuale fondo svalutazione crediti”.