Finanziamenti dei soci e postergazione:

Al fine di accertare l’esistenza di un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto ovvero di una situazione finanziaria che avrebbe giustificato un conferimento – situazioni che, ex art. 2467 comma 2 c.c.,

 

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comunicazione dei dati relativi ai beni dell’impresa concessi in uso a soci o familiari

La Manovra 2011 introduce una disciplina finalizzata a contrastare l’utilizzo da parte di soci o familiari di beni. La norma prevede, infatti, l’indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi in uso a titolo gratuito

Beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore.

Emanato il provvedimento che fissa le modalità di comunicazione dei dati. Prima scadenza al 31 marzo 2012 fissa i termini di comunicazione dei dati relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore.



Finanziamenti dei soci e postergazione: rileva la struttura del debito

Un argomento sempre piu’ importante visto il perdurare della crisi

Al fine di accertare l’esistenza di un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto ovvero di una situazione finanziaria che avrebbe giustificato un conferimento – situazioni che, ex art. 2467 comma 2 c.c., – determinano la postergazione dei finanziamenti dei soci a favore della società rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali – occorre guardare la struttura del debito; incide, infatti, in misura inferiore sullo squilibrio in questione la presenza di una componente di debito a medio-lungo termine rispetto a una componente a breve termine, dal momento che, in tal caso, i finanziamenti dei soci devono essere necessariamente utilizzati per pagare altri debiti di imminente scadenza e non per finanziare gli investimenti.

Nessun rilievo, invece, è possibile attribuire ai livelli di capitalizzazione dei principali concorrenti.

È questa l’interessante precisazione fornita dalla sezione fallimentare del Tribunale di Venezia nel decreto del 14 aprile 2011.

Il Giudice delegato della Alfa spa, in amministrazione straordinaria, emetteva il decreto che dichiarava esecutivo lo stato passivo.

A ciò si opponeva, ex art. 98 del RD 267/42, la Beta spa, che controllava la prima, sottolineando, tra l’altro, l’erronea postergazione di un proprio credito (superiore a 8 milioni di euro) per finanziamenti erogati alla controllata in assenza dei presupposti di cui agli artt. 2497-quinquies e 2467 c.c.

Il Tribunale rigetta questa parte dell’opposizione.

Quanto all’applicabilità dell’art. 2497-quinquies c.c., osserva come la Beta spa controllasse la Alfa spa ex art. 2359 comma 1 n. 1 e comma 2 c.c., disponendo della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria attraverso la propria partecipazione diretta al capitale di Alfa spa e attraverso le azioni detenute da altra società controllata.

Quanto alla contestata esistenza di un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto ovvero di una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, i giudici veneziani sottolineano come, indubbiamente, al fine di tale valutazione, un indicatore significativo elaborato dalla tecnica aziendalistica sia il c.d. “leverage” (ovvero il rapporto di indebitamento o grado di indebitamento), pari al rapporto tra il totale delle fonti di finanziamento e i mezzi propri (nel caso di specie pari a 2,10 e, quindi, compreso tra i valori 1,8 e 3,00, reputati non ancora negativi); è però altrettanto incontestabile che tale indice debba essere confortato da ulteriori elementi probatori e valutato unitamente a questi.

Tali elementi non possono essere rappresentati dal miglioramento del grado di indebitamento rispetto all’anno precedente, né dalla chiusura in utile dell’esercizio sociale. Al fine di accertare l’esistenza dell’eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto ovvero di una situazione finanziaria che avrebbe giustificato un conferimento, occorre guardare la struttura del debito. Incide, infatti, in misura inferiore sullo squilibrio in questione la presenza di una componente di debito a medio-lungo termine rispetto a una componente a breve termine, dal momento che, in tal caso, i finanziamenti dei soci devono essere necessariamente utilizzati per pagare altri debiti di imminente scadenza e non per finanziare gli investimenti.

Nel caso di specie, l’analisi del bilancio relativo all’esercizio precedente rispetto a quello di erogazione del finanziamento in questione sottolineava un livello di indebitamento complessivo non preoccupante.

Per il riequilibrio della situazione finanziaria della società nel breve termine, tuttavia, sarebbe stato necessario, da un lato, introdurre nuovi capitali, e, dall’altro, allungare i tempi di rimborso dei finanziamenti eventualmente ottenuti e dei debiti verso i fornitori.

Proprio in ordine al primo aspetto – ovvero relativamente all’introduzione di ulteriori capitali nella struttura finanziaria della società – gli amministratori evidenziavano la concessione di un finanziamento di circa 8 milioni di euro da parte della controllante. E quindi, per il riequilibrio di una situazione finanziaria che, proprio secondo gli amministratori, avrebbe imposto l’introduzione di nuovi capitali, i soci, invece di effettuare un conferimento in conto aumento di capitale, erogavano un semplice finanziamento, che risultava destinato, perlopiù, al pagamento di debiti per forniture in scadenza (in taluni casi addirittura mediante pagamento diretto al fornitore).

Operazioni che venivano a integrare quasi un esempio di scuola di sottocapitalizzazione di società e che rendevano legittima la postergazione del credito operata dal Giudice delegato.

Nessun rilievo presenta il livello di capitalizzazione dei “competitors”

La sentenza in commento osserva, infine, come nessun rilievo ai fini della valutazione della sussistenza dello squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto possa attribuirsi al livello di capitalizzazione dei principali “competitors”; esso, infatti, può influire sulla valutazione del merito di credito dell’impresa interessata, ma non sull’applicabilità dell’istituto della postergazione.

Finanziamenti soci non sempre da comunicare

 

I finanziamenti effettuati o ricevuti dai soci vanno comunicati per intero ammontare indipendentemente siano strumentali acquisizione beni concessi in godimento uso ai soci.

E’ stato chiarito in occasione del Videoforum 2012 che si è svolto 18/01/2012, che i finanziamenti e i versamenti “effettuati o ricevuti dai soci” vanno comunicati:

- per l’intero ammontare: la norma non prevede, infatti, un importo minimo al di sotto del quale tali operazioni non vanno segnalate (a differenza di quanto previsto, invece, per taluni beni di modesto valore assegnati in godimento); 

- “indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano strumentali all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai soci”.

E’questa l’interpretazione dell’Agenzia Entrate, ma al riguardo però, si ricorda che nel punto 1.1. del citato provvedimento è precisato che i finanziamenti e le capitalizzazioni  devono essere posti in essere nei confronti della “società concedente”, il che indurrebbe a ritenere che l’obbligo non si applichi se quest’ultima non assegna alcun bene in godimento a soci o familiari.

La risposta fornita dall’Agenzia dovrebbe, pertanto, essere interpretata nel senso che vanno comunicati anche i finanziamenti effettuati da soci diversi dalle persone che utilizzano i beni (come nel caso di un bene dato in uso al coniuge di un socio, con finanziamento effettuato, invece, da quest’ultimo ovvero da un altro socio) o comunque non direttamente riconducibili all’acquisto dei beni ed al socio utilizzatore.

Si ritiene, infine, che il riferimento ai finanziamenti “ricevuti” dai soci costituisca un mero refuso, in quanto nel punto 1.1. del provvedimento è chiaramente stabilito che il finanziamento o la capitalizzazione deve essere effettuata “nei confronti della società concedente”.

L’Agenzia delle Entrate ha fornito, in occasione del Videoforum 2012 che si è svolto lo scorso 18 gennaio, le prime precisazioni in merito alla nuova e controversa disciplina dei beni assegnati in godimento ai soci o familiari e del connesso obbligo di comunicazione dei relativi dati.

Il chiarimento più rilevante è senza dubbio quello riguardante il caso in cui la società conceda un autoveicolo in godimento ad un socio che riveste anche la qualifica di dipendente o di amministratore.

L’Agenzia delle Entrate ha, al riguardo, opportunamente ritenuto che in tale ipotesi non operi la disposizione dell’art. 67, comma 1, lett. h-ter), del TUIR, in base alla quale costituisce reddito diverso la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento dei beni dell’impresa ai detti soci o familiari, in quanto la stessa “trova applicazione solo nel caso in cui il TUIR non preveda specifiche norme che limitino la deducibilità dei costi relativi ai beni concessi in godimento in capo al concedente e che tassino il relativo reddito in capo al soggetto utilizzatore”.

Pertanto, in tale ipotesi vige soltanto la specifica disciplina dei “fringe benefit” di cui all’art. 51 del TUIR (nonché quella di cui all’art. 54, in caso di imposizione del reddito dell’amministratore nell’ambito di quello di lavoro autonomo).

È stata così data soluzione anche alla questione relativa all’applicazione della norma che dispone l’indeducibilità dei costi, per la società, nel caso in cui i beni concessi ai soci o ai familiari, per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, siano utilizzati “promiscuamente”, cioè sia per l’attività commerciale che per uso personale dei detti soci o familiari.

In tale ipotesi, infatti, trovano già applicazione alcune norme che forfetizzano l’inerenza (ad esempio, l’art. 164 del TUIR per gli autoveicoli), che non sono state abrogate e restano, quindi, applicabili, in luogo dell’indeducibilità integrale prevista in caso di corrispettivo inferiore al valore normale.