La Corte di Cassazione definisce una presunzione semplice che amplia la difesa nel «redditometro»
I giudici, con la sentenza n. 13289 depositata ieri, affrontano vari temi sull’accertamento da “redditometro”, ma, leggendo la sentenza, la Cassazione, sic et simpliciter, estende all’accertamento sintetico, sebbene in un obiter dictum, principi ormai assodati in tema di studi di settore e parametri contabili.
Per ciò che concerne il carattere presuntivo dei coefficienti, occorre rimarcare che, secondo giurisprudenza più che consolidata, essi costituiscono presunzioni legali relative: quindi, come conseguenza, da un lato, per l’Ufficio è sufficiente dimostrare la disponibilità del bene per far scattare il “redditometro”, dall’altro, il contribuente deve provare che il maggior reddito determinato è posseduto grazie a redditi esenti o soggetti a imposizione alla fonte (non può, invece, contestare il coefficiente di redditività oggettivamente considerato e dire: non è vero che il possesso dell’auto costa, come dice il decreto del 1992, circa 30.000 euro l’anno, ma molto di meno, quindi il reddito attribuibile deve essere ridimensionato; si vedano “L’auto posseduta in «zona franca» blocca il redditometro” del 6 giugno scorso e “Le tabelle ACI non invalidano il redditometro” del 3 marzo scorso).
Ora, la Corte afferma testualmente che, “in ordine alla pretesa fiscale fondata, come nel caso, sull’utilizzazione dei coefficienti detti le sezioni unite di questa Corte (sentenza 18 dicembre 2009 n. 26635) hanno affermato il seguente (condivisibile) principio di diritto (ribadito da Cass. trib. 5 ottobre 2010 nn. 22552-22555, 4 giugno 2010 n. 13594, 21 maggio 2010 n. 12558, ex permultis)“: l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è stabilita dalla legge, ma nasce in sede di contraddittorio.Se così davvero fosse, sono da intendersi superate le critiche mosse in precedenti interventi sull’impossibilità della difesa del contribuente nel “redditometro”: infatti, se si verte nell’ambito delle presunzioni semplici, e la gravità, precisione e concordanza si formano nel contraddittorio, allora va da sé che il contribuente, producendo le tabelle ACI, può dimostrare l’incoerenza dei coefficienti, specie ove presumono che una vecchia BMW comporti spese annuali per 30.000 euro.
Estremizzando, il contribuente può produrre una cartella esattoriale sul bollo auto, una richiesta di pagamento per la RC auto e tabelle chilometriche ove si evince che i km percorsi in un anno sono stati 200, dimostrando così che non sostiene nessuna spesa per l’auto, da qui l’impossibilità di imputare alcunché dal punto di vista “redditometrico”.
Stesso discorso per le collaboratrici familiari, che imputano un reddito di circa 65.000 euro, non parliamo delle vere e proprie assurdità che il decreto comporta per la restituzione delle rate di mutuo, che incidono di molto sulla determinazione sintetica del reddito.
Troppo bello per essere vero, si trasformerebbe il redditometro in uno strumento consono alla capacità contributiva non dichiarata.
I giudici evidenziano poi che, in sede di questionario, gli Uffici possono chiedere “specificazioni” circa beni la cui documentazione è già in loro possesso, siccome ciò non contrasta con l’art. 6 della L. 212/2000, ma, in sostanza, è strumentale all’attuazione del contraddittorio.
Inoltre, pare che la Cassazione affermi come non sia sufficiente, al fine di escludere il “fatto indice” dal novero del “redditometro”, che il contribuente, senza ulteriori dimostrazioni, affermi che il bene è utilizzato nell’esercizio di impresa.
Anche questi ultimi due aspetti sono meritevoli di ulteriori commenti, sui quali si tornerà, siccome, dal testo della corposa sentenza, a nostro avviso, non è chiaro ciò che, in concreto, i giudici abbiano inteso sostenere.
In altri termini, gli Uffici possono o no chiedere, con conseguente verificarsi della preclusione probatoria, dati e informazioni su immobili e auto, possono chiedere quante auto e quanti immobili possiede il contribuente?
L’Ufficio può utilizzare ai fini del “redditometro” beni dell’impresa individuale, spettando al contribuente l’onere di provare l’effettivo utilizzo nell’impresa?
Nuove frontiere difensive negli accertamenti da “redditometro”, ove venisse confermata l’affermazione della Corte di Cassazione relativa al carattere di presunzione semplice dei decreti ministeriali del 1992.