I commi che l’articolo 9 del disegno di legge Stabilità 2015 dedica a questo tema sono quelli che vanno da 32 a 35. Nello specifico, al comma 32 viene in prima battuta prevista l’abrogazione di tutti i regimi “particolari”, diversi cioè dai tradizionali regimi ordinario e semplificato, sino ad ora applicabili alle persone fisiche, siano esse esercenti attività d’imprese, arte o professione:
- regime delle nuove iniziative produttive, detto anche regime delle neo-attività, introdotto dall’articolo 13 della legge n.388 del 23.12.2000 (Finanziaria per l’anno 2001);
- regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, cosiddetto regime dei nuovi minimi, introdotto dall’articolo 27 del D.L. n.98 del 6.7.2011;
- regime dei contribuenti minimi di cui all’articolo 1 commi da 96 a 115 e comma 117 della legge n.244 del 24.12.2007 (Finanziaria per l’anno 2008).
Regimi, quindi, che dal 1° gennaio 2015 risultano formalmente abrogati.
Senonché i commi successivi (il richiamo a “salvo quanto previsto dal comma 37” operato dal precedente comma 32 appare fuorviante in quanto l’articolo 9 si compone di soli 36 commi) introducono specifiche disposizioni finalizzate a salvaguardare e conservare l’applicazione dei regimi “abrogati” da parte di quei contribuenti che fino al 2014 hanno comunque applicato detti regimi semplificati.
Il comma 33 del citato articolo 9 stabilisce che i soggetti che per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 (si tratta sempre e comunque del 2014 in quanto per le persone fisiche il periodo d’imposta, salvo ipotesi liquidatorie, coincide sempre con l’anno solare) hanno applicato il regime delle neo-attività oppure quello del regime dei nuovi minimi (commi 1 e 2 dell’art.27 D.L. 98/11) oppure quello degli ex minimi (comma 3 dell’art.27 D.L. 98/11), in presenza delle condizioni per la sua applicazione, transitano “naturalmente”, se non eserciteranno opzioni, nel nuovo regime forfetario.
Resta in ogni caso salva, per tali soggetti, la possibilità di optare dal 2015 per l’applicazione delle imposte nei modi ordinari. In tale evenienza la scelta, da effettuarsi secondo le regole previste dal d.P.R. n.442/97, andrà effettuata nel quadro VO del modello di dichiarazione annuale IVA2016 relativo al periodo d’imposta 2015 secondo la solita regola del comportamento “concludente”.
Fin qui nulla di nuovo, ma è nei commi successivi che il legislatore ha previsto la “ultrattività” dei regimi in precedenza abrogati.
In particolare al comma 34 viene previsto solo per quanti nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 stanno applicando:
- il regime delle neo-attività;
- il regime dei nuovi minimi (commi 1 e 2 art.27 D.L. n.98/11)
la possibilità di applicare, per i soli periodi d’imposta che residuano al compimento del triennio agevolato:
- il regime agevolato previsto dal comma 12 dell’articolo 9 del DDL Stabilità 2015 (che per il primo triennio di attività prevede una riduzione di un terzo del reddito forfettariamente determinato);
- il regime dei nuovi minimi (commi 1 e 2 dell’art.27 D.L. 98/11);
- il regime degli ex minimi (comma 3 dell’art.27 D.L. 98/11).
Va osservato come, sul punto, il citato comma 34 sia poco preciso se si considera che, quantomeno con riferimento al regime dei nuovi minimi, lo stesso vi assicura una permanenza per lo meno di un quinquennio salvo l’eventuale ulteriore durata fino al compimento del 35-esimo anno di età.
Saranno probabilmente i previsti decreti attuativi e provvedimenti direttoriali a chiarire meglio tali aspetti.
MENTRE a dirimere tale questione (probabilmente frutto di una non precisa formulazione letterale del comma 34), interviene il successivo comma 35 che stabilisce, con riferimento ai soggetti che per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono del regime fiscale di vantaggio (commi 1 e 2 dell’art.27 D.L. 98/11), la possibilità di continuare ad applicare lo stesso regime fino al completamento del quinquennio agevolato o comunque fino al compimento del trentacinquesimo anno di età.
Se, quindi, con l’avvento del nuovo regime contabile forfettario era lecito sperare, in un’ottica di semplificazione, nell’abbandono immediato delle molteplici regole che caratterizzano i differenti regimi semplificati (neo attività, minimi, ex minimi), in realtà non è così.
Si pensi ad un 18-enne che ha optato nel 2014 per il regime fiscale di vantaggio di cui ai commi 1 e 2 dell’art.27 D.L. 98/11 e che potenzialmente (non glielo si augura) potrebbe applicare ancora tale regime per i prossimi 17 anni.
Vedremo se nel percorso di approvazione definitiva della disposizione in commento vi sarà l’introduzione di modifiche tese ad azzerare, con decorrenza 1° gennaio 2015, tutti i regimi contabili alternativi sino ad ora proposti, per lasciare spazio ad un unico regime forfetario che costituisca, per le posizioni di ridotte dimensioni, l’unica vera alternativa ai tradizionali regimi ordinario e semplificato
Esemplificando, il soggetto che ha aperto partiva IVA con il regime di vantaggio nel 2013 può continuare ad applicarlo fino alla scadenza naturale dei 5 anni, oppure anche oltre fino al compimento dei 35 anni di età.
Resta salva la possibilità di scegliere l’applicazione del nuovo regime forfetario, decisione che andrà assunta valutando attentamente vantaggi e svantaggi del nuovo regime in rapporto alla situazione individuale.
Anzi, tale “convivenza” forzata tra regimi potrebbe indurre coloro che ritengano più conveniente il regime di vantaggio ad aderirvi entro il 31 dicembre 2014, magari anticipatamente rispetto alle originarie previsioni; in tal caso, si dovrebbe prestare particolare attenzione a non fuoriuscirvi, eventualità che comporterebbe automaticamente l’accesso al regime forfetario (regime naturale in presenza di tutti i requisiti) oppure all’ordinario.
Abbiamo già visto che, per accedere/permanere nel nuovo regime forfetario devono sussistere contemporaneamente, nell’anno precedente, i seguenti requisiti.
I ricavi conseguiti (computati secondo il principio di competenza) o i compensi percepiti, ragguagliati ad anno, devono essere non superiori a limiti predeterminati, diversi a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (a titolo esemplificativo, 15.000 euro per i professionisti, 40.000 euro per i commercianti al dettaglio e all’ingrosso, 20.000 euro per le altre attività residuali).
Per tale limite:
- non sono computati i maggiori ricavi o compensi da adeguamento agli studi di settore;
- nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, si assume il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi alle diverse attività esercitate.
Le spese per lavoro accessorio, dipendente e assimilato sostenute nell’anno precedente non devono aver superato il limite di 5.000 euro lordi (nel regime di vantaggio era, invece, precluso il sostenimento di spese per lavoro). Come precisato nella relazione illustrativa al Ddl., il sostenimento di tale entità di spesa “non rappresenta di per sé indice di una struttura organizzativa incompatibile con il regime forfetario”.
Il costo complessivo per beni strumentali, alla chiusura dell’anno precedente, dev’essere non superiore a 20.000 euro, al lordo degli ammortamenti. Al riguardo, la relazione illustrativa fa riferimento al termine “stock”, il che farebbe intendere la partecipazione al limite predetto solo dei beni effettivamente presenti al 31 dicembre dell’anno precedente (con esclusione di quelli alienati o dismessi). Tale aspetto, così come il trattamento dell’IVA indetraibile pagata all’atto dell’acquisto, sarà presumibilmente definito dall’Agenzia delle Entrate in prossimi chiarimenti ufficiali.
Nel limite dei 20.000 euro sono inclusi:
- i beni in leasing, che rilevano in base al costo sostenuto dal concedente;
- i beni in locazione e noleggio, che rilevano per il valore normale (non vengono, quindi, più computati i canoni, come accade nel regime di vantaggio);
- i beni in comodato, che rilevano per il valore normale (nel regime di vantaggio, invece, tali beni erano irrilevanti);
- il 50% dei beni ad uso promiscuo; la relazione illustrativa indica che tale previsione riguarda anche i beni a deducibilità limitata, come autovetture e telefonia.
Sono invece esclusi dal limite dei 20.000 euro i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro e gli immobili, comunque acquisiti, utilizzati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.
Il coefficiente di redditività forfetizza le spese
In base alle nuove regole, i costi sostenuti per lavoro e beni strumentali dovranno essere monitorati solo per verificare l’eventuale superamento delle predette soglie; nessun rilievo, invece, assumeranno questi, così come tutte le altre spese sostenute dall’imprenditore o professionista, ai fini reddituali poiché il reddito imponibile sarà calcolato tramite l’applicazione del coefficiente di redditività all’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta. Le uniche spese che potranno essere dedotte dal reddito imponibile saranno i contributi previdenziali, la cui eccedenza potrà essere, a sua volta, dedotta dal reddito complessivo.
Contributi previdenziali.
I soggetti che potranno accedere al regime forfetario previsto dall’art. 9 del Ddl. di stabilità 2015 avranno anche la possibilità di beneficiare di una agevolazione dei contributi previdenziali.
L’agevolazione, prevista esclusivamente a favore degli inquadrati previdenziali tra i commercianti e artigiani (imprenditori e non professionisti), consente di determinare i contributi dovuti applicando le aliquote contributive previste per le Gestioni degli artigiani e commercianti sul reddito dichiarato senza considerare il reddito minimo annuo di cui all’art. 1 comma 3 della L. 2 agosto 1990 n. 233.
In forza della norma da ultimo citata, la contribuzione dovuta alle Gestioni dei commercianti e degli artigiani si determina sul reddito d’impresa, nel rispetto dei valori di reddito imponibile minimo e massimo stabiliti annualmente.
Per i minimi artigiani e commercianti, precedentemente alla riforma, la contribuzione si articolava in:
- contributi dovuti sul minimale di reddito stabilito per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono, da versare a prescindere dal reddito prodotto.
Ciò significa che, anche in presenza di un reddito imponibile effettivo inferiore, i contributi “minimi” da corrispondere all’INPS vanno comunque calcolati sul minimale (c.d. “contributo minimo obbligatorio”);
- contributi dovuti sull’eventuale quota di reddito eccedente il minimale.
Tali contributi (c.d. “contributi a percentuale”) sono dovuti nei limiti di un massimale annuo e si determinano applicando le aliquote previste per l’anno di riferimento alla base imponibile per la parte eccedente il minimale.
Agevolazione prevista dal Ddl. di stabilità 2015
Con l’agevolazione prevista dal Ddl. di stabilità 2015, viene meno la contribuzione sul reddito minimale, applicandosi questa solo sul reddito effettivamente prodotto.
L’utilizzo dell’agevolazione contributiva, le cui modalità operative dovranno essere definite
congiuntamente da Agenzia delle Entrate e INPS, è condizionata alla presentazione di una comunicazione telematica da trasmettere, a pena di decadenza, entro il 28 febbraio di ciascun anno.
Non sarà da versare il contributo sul reddito minimo convenzionale ma solo sul reddito effettivamente prodotto (reddito forfettario).
L’indubbio beneficio apportato dalla nuova disposizione (rappresentato dal risparmio di spesa per contributi nel caso in cui il reddito effettivo sia inferiore al minimale) ha, tuttavia, un costo in termini di minori contributi versati e quindi di minore base sul quale calcolare la base pensionistica.
Una assimilazione quindi ai contributi che si devono versare con riferimento alla Gestione separata INPS.
La normativa ai fini pensionistici infatti prevede all’art. 2 comma 29 della L. 335/95 che:
- hanno diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili, relativi a ciascun anno solare, i soggetti che abbiano corrisposto un contributo non inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito previsto per le Gestioni INPS degli artigiani e dei commercianti;
- in caso di contribuzione annua inferiore a tale importo, i mesi di contribuzione da accreditare sono ridotti in proporzione alla somma versata, con attribuzione a decorrere dall’inizio dell’anno solare.
La norma, quindi, non prevede un vero e proprio “minimale” di reddito, cioè un importo della base imponibile fino al quale i contributi sono comunque dovuti, indipendentemente dall’ammontare del reddito effettivo dichiarato ai fini fiscali, ma un importo minimo di contributi (c.d. “minimale contributivo”) da versare al fine di maturare un’anzianità contributiva coincidente con tutto l’anno solare in cui è stata svolta l’attività soggetta a contribuzione.
Ciò significa che, se l’imprenditore percepisce un reddito inferiore al minimale contributivo annuo previsto per la Gestione artigiani e commercianti (pari a 15.516 euro nel 2014), verserà, meno contributi rispetto a quelli dovuti sul reddito minimale – calcolandoli sul reddito effettivamente prodotto – ma accumulerà un montante contributivo non coincidente con l’anno solare, proporzionalmente ridotto in base alla somma versata.
Insomma, il costo di questo vantaggio (avendo un reddito pari alla redditività che sia inferiore ai minimi contributivi) è quello tipico degli iscritti alla Gestione separata INPS, ossia di dover lavorare più di un anno per accumulare contributi sufficienti a coprire una sola annualità.
L’utilizzo dell’agevolazione contributiva, le cui modalità operative dovranno essere definite
congiuntamente da Agenzia delle Entrate e INPS, è condizionata alla presentazione di una comunicazione telematica da trasmettere, a pena di decadenza, entro il 28 febbraio di ciascun anno.
Una valutazione di convenienza deve, altresì, tener conto che, aderendo a tale agevolazione, sarebbe preclusa l’applicazione delle ordinarie riduzioni contributive a favore di:
- per impresa familiare dei coadiuvanti e coadiutori di età inferiore a 21 anni ai quali, in base all’art. 1 comma 2 della L. 233/90, non applicabile la riduzione dell’aliquota contributiva del 3%;
- per i contribuenti che siano già pensionati presso le Gestioni dell’INPS e con abbiano più di 65 anni di età, in base all’art. 59 comma 15 della L. 449/97, a seguito opzione non sarebbe applicabile una riduzione del 50% dei contributi dovuti.