Rivalutazione delle partecipazioni (quote di società intestate alle persone fisiche) conveniente con l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Il previsto innalzamento delle aliquote di tassazione delle rendite finanziarie dal 20% al 26% impatta anche sulla cessione delle partecipazioni qualificate.
Sono qualificate le partecipazioni con una percentuale superiore al 20% dei diritti di voto, esercitabili in assemblea ordinaria, ovvero al 25% del capitale o patrimonio sociale (5% in caso di partecipazioni in società quotate). La partecipazione NON qualificata è invece, quella con una percentuale pari o inferiore al 20% dei diritti di voto, esercitabili in assemblea ordinaria, ovvero al 25% del capitale o patrimonio sociale (2% in caso di partecipazioni in società quotate).
Dovrebbe arrivare a breve il provvedimento, più volte annunciato dal Governo nelle ultime settimane, di modifica della tassazione delle rendite degli strumenti finanziari assoggettati ad imposte sostitutive o ritenute.
In esso si dovrebbe disporre l’innalzamento dell’aliquota del 20% al 26%, fermo restando che per i titoli di Stato e le altre ipotesi previste dall’art. 31 del DPR 601/73 dovrebbe restare inalterata l’aliquota del 12,5%.
Tra le fattispecie oggetto di intervento, se verrà confermato l’impianto a suo tempo utilizzato con il DL 138/2011, ci saranno anche le plusvalenze relative alla cessione di partecipazioni non qualificate che costituiscono redditi diversi ai sensi dell’art. 67 del TUIR.
Non è chiaro se la disposizione impatterà anche sulla cessione di partecipazioni qualificate, considerando che con l’attuale percentuale di imponibilità del 49,72% e un’aliquota massima (con le addizionali) del 45% si avrebbe un carico complessivo di circa il 22%.
Le partecipazioni non qualificate sarebbero assoggettate ad un prelievo superiore rispetto a quelle qualificate.
Si tratta di un aspetto che andrebbe opportunamente indagato sul piano della correttezza sistematica e della coerenza costituzionale.
In ogni caso, è innegabile come l’ulteriore stretta sulle rendite finanziarie renda ancora più conveniente la rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni recentemente prorogata dalla legge di stabilità 2014.
Si ricorda che le partecipazioni devono essere relative a società non quotate, possedute al 1° gennaio 2014 e che l’imposta sostitutiva del 2% deve essere versata in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2014 ovvero in tre rate annuali con scadenza, rispettivamente:
- 30 giugno 2014,
- 30 giugno 2015,
- 30 giugno 2016.
Con le nuove percentuali in vigore, verosimilmente dal 1° luglio 2014, è sufficiente che la plusvalenza latente sia pari al 7,7% del valore di perizia per far scattare la convenienza della rideterminazione del costo fiscale della partecipazione (senza considerare il costo della perizia che, però, può essere chiesta dalla società e dalla stessa dedotta).
Quando fu introdotta per la prima volta la norma sulla rideterminazione del costo, con la sostitutiva al 12,5%, il punto di indifferenza si aveva con una plusvalenza latente pari al 16% del valore di perizia.
È altresì molto probabile, come avvenuto in passato, che venga introdotta una norma in materia di affrancamento delle partecipazioni non qualificate. In questo modo, con il versamento di un’imposta sostitutiva del 20% sulle plusvalenze latenti, dovrebbe essere possibile, in via facoltativa, assumere come costo fiscalmente riconosciuto delle attività finanziarie il valore al 30 giugno 2014 in luogo del costo originario.
Si eviterebbe così che l’aumento dell’aliquota incida sui redditi maturati prima della modifica.
La disciplina in questione potrebbe assumere interesse nel caso di possesso di più partecipazioni, alcune plusvalenti e altre minusvalenti, dato che dovrebbe essere possibile, come in passato, compensare le diverse componenti reddituali, arrivando in alcuni casi anche ad un affrancamento “gratuito”.
Sempre guardando alla disciplina del DL 138/2011, in caso di minusvalenze, queste dovrebbero essere dedotte dalle plusvalenze realizzate successivamente al 30 giugno 2014:
- nella misura del 48,08% se realizzate fino alla data del 31 dicembre 2011;
- nella misura del 76,92% se realizzate dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014.
Quanto sopra per evitare che le minusvalenze realizzate in vigenza del regime di tassazione con aliquota del 12,50% e del 20% possano essere utilizzate per compensare plusvalenze e altri redditi diversi di natura finanziaria assoggettati ad imposta sostitutiva del 26%.
I dividendi rappresentano gli utili da partecipazione in soggetti passivi IRES.
La categoria dei dividendi comprende, inoltre, gli utili distribuiti nell’ambito del recesso e dell’esclusione del socio, della riduzione del capitale esuberante e della liquidazione, anche concorsuale, della società.
L’imposizione dei dividendi in capo al socio è, tuttavia, differente, a seconda che si tratti, in primo luogo, di persona fisica che agisce “privatamente” o come soggetto imprenditore, sebbene le due tipologie di contribuente siano accomunate dal principio di cassa: ai fini della tassazione, rileva, pertanto, il momento dell’effettivo percepimento (principio di cassa), e non quello della mera maturazione, del dividendo.
Il regime di tassazione - La tassazione dei dividendi varia a seconda delle caratteristiche del percipiente, ovvero se esso è una persona fisica che esercita l’attività imprenditoriale o meno.
Infatti:
SOCIO NON IMPRENDITORE (art. 47 TUIR) –
I dividendi percepiti da persone fisiche non imprenditori devono essere assoggettati ad imposizione nella dichiarazione dei redditi, in presenza di specifiche condizioni e secondo particolari modalità, differenziate in base alla qualificazione della partecipazione, al periodo di formazione degli utili ed alla residenza del soggetto che li ha prodotti.
Bisogna distinguere a seconda delle caratteristiche che la partecipazione possiede al momento della riscossione degli utili.
Infatti possiamo avere:
La sussistenza del requisito della qualificazione della quota sociale è riscontrabile, sotto il profilo tributario, dall’art. 67 co. 1 lett. c) del TUIR, secondo il quale soddisfano tale condizione le partecipazioni che attribuiscono una delle seguenti facoltà, differenziate a seconda della natura della partecipata:
società aventi titoli negoziati in mercati regolamentati:
diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiori al 2%;
partecipazione al capitale sociale (oppure al patrimonio) eccedente il 5%;
società non aventi titoli quotati:
diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiori al 20%;
partecipazione al capitale sociale (ovvero al patrimonio) eccedente il 25%.
La distinzione tra qualificazione o meno della partecipazione è importante perché ad essa corrispondono due diversi regimi di imposizione fiscale del dividendo percepito:
Partecipazioni qualificate:
Se gli utili percepiti derivano da partecipazioni qualificate concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 49,72% del loro ammontare (40% per gli utili prodotti ante 2008).
Sugli utili non si applica alcuna ritenuta a condizione che sia dichiarata, all’atto della percezione, la presenza dei requisiti di partecipazione qualificata.
Di conseguenza gli utili percepiti devono essere indicati nella dichiarazione annuale dei redditi.
Partecipazioni non qualificate:
La società erogante i dividendi applica, al momento della loro corresponsione, una ritenuta del 20% a titolo d’imposta sull’intero ammontare, senza possibilità di opzione per la tassazione ordinaria per il socio percettore.
Compilazione della dichiarazione dei redditi (modello Unico PF) –
In sede di dichiarazione dei redditi, la persona fisica che ha percepito, al di fuori del regime d’impresa, utili da partecipazioni qualificate in società residenti in Italia, oppure da quote sociali – anche non qualificate – in imprese ed enti esteri di ogni tipo, compresi quelli domiciliati in territori a fiscalità privilegiata, è tenuta a compilare la sezione I-A del quadro RL del modello UNICO – Persone Fisiche.
La relativa compilazione deve essere effettuata sulla base del principio di cassa, rilevando esclusivamente gli importi percepiti nel periodo d’imposta 2012, a prescindere dal momento in cui è sorto il corrispondente diritto, ovvero dalla data della delibera assembleare di distribuzione degli utili.
SOCIO IMPRENDITORE -
La disciplina applicabile ai soggetti imprenditori è differenziata a seconda della qualificazione fiscale del socio:
imprenditori individuali e società di persone: art. 59 del TUIR;
società di capitali: art. 89 del TUIR.
Imprenditori individuali e società di persone –
L’art. 59 del TUIR e l’art. 1 co. 1 e 2 del DM 2.4.2008 stabiliscono che i dividendi percepiti da soggetti IRPEF (imprenditori individuali, snc e sas) – analogamente alle persone fisiche non imprenditori detentrici di una partecipazione qualificata – concorrono alla formazione del reddito nella misura del:
40,00% se relativi ad utili maturati sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007;
49,72% qualora prodotti successivamente;
100%, se derivano dalla partecipazione in una società localizzata in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
Gli utili erogati ad imprese individuali e società di persone non sono, pertanto, soggetti a ritenuta alla fonte (circ. Agenzia Entrate n. 26/2004): in altri termini, per tali soggetti che applicano l’art. 59 del TUIR, e non il precedente art. 47 del TUIR, non assume alcuna rilevanza la qualificazione della partecipazione.
Società di capitali -
L’imposizione dei dividendi percepiti dalle società di capitali e dagli enti commerciali è disciplinata dall’art. 89 co. 2 del TUIR, che prevede l’esclusione degli stessi dal reddito imponibile del socio percipiente, nella misura del 95%, anche qualora la partecipata non risieda nel territorio dello Stato, salvo che sia localizzata in un’area a fiscalità privilegiata. Al ricorrere di quest’ultima ipotesi, il dividendo è, invece, integralmente imponibile.
Sotto il profilo contabile, per i soci tenuti alla redazione del bilancio d’esercizio, i principi nazionali OIC 21 e OIC 25 prevedono, nel caso di partecipazione valutata con il metodo del costo, l’imputazione a Conto economico dei dividendi per competenza , (voce C15)
“Proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate”) al sorgere del corrispondente diritto di credito, anche se, poi, la riscossione avverrà in un successivo periodo amministrativo.
Compilazione della dichiarazione dei redditi (modello Unico SC) –
Da un punto di vista prettamente fiscale, si segnala, tuttavia, che se il dividendo è riscosso nello stesso esercizio di imputazione a Conto economico, va effettuata una variazione in diminuzione – (nel quadro RF di Unico SC) per la quota non imponibile del 95% del provento, salvo che derivi da una partecipazione “black list”, con relativo assoggettamento a tassazione integrale e, quindi, senza alcuna possibilità di rettifica decrementativa – deve essere effettuata nel rigo RF47.
Al contrario, se il dividendo, come spesso accade, è riscosso in un successivo periodo fiscale, nel quale diviene dunque imponibile, è necessario anche rilevare le corrispondenti imposte differite ai fini IRES, in misura pari al dividendo moltiplicato per la quota imponibile dello stesso – generalmente 5%, salvo che il provento derivi da una partecipazione “black”, per il quale assume rilevanza il 100% dello stesso – per l’aliquota IRES del 27,50%: è, inoltre, necessario segnalare tale disallineamento civilistico-fiscale nella Nota integrativa al bilancio d’esercizio (art. 27 co. 1 n. 14), c.c. ), salvo che ricorra l’ipotesi di esonero prevista per i soggetti che redigono il rendiconto annuale in forma abbreviata (art. 2435-bis co. 5 c.c. ).
Successivamente, a seguito dell’incasso del dividendo, il contribuente procederà ad una variazione in aumento, per un importo pari alla quota imponibile del dividendo, che – nel caso delle società di capitali, come anticipato – è pari al 5%, salvo che provenga da una partecipazione in una società localizzata in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, che comporta, invece, l’integrale tassazione dell’utile percepito.
Conseguentemente, devono essere altresì stornate le imposte differite a suo tempo stanziate.
PRESUNZIONE DI PRIORITARIA DISTRIBUZIONE DI UTILI
L’art. 47 co. 1, ultimo periodo, del TUIR stabilisce che, indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve di utili, ovvero diverse da quelle di cui al successivo co. 5, per la quota non accantonata in sospensione d’imposta: tale disposizione si applica sia ai soggetti non imprenditori che agli imprenditori individuali e alle società di persone e capitali (artt. 59, ultimo periodo, e 89 co. 4 del TUIR).
In altri termini, se l’assemblea dei soci delibera di distribuire delle riserve di capitale, ciò non rileva ai fini fiscali: in ogni caso, si considerano distribuite prioritariamente le riserve di utili, ovvero l’operazione viene riqualificata da distribuzione di riserve di capitali in erogazione di dividendi, indipendentemente dalla data di formazione delle riserve, come chiarito dalla circolare Agenzia Entrate n. 26/2004.
In tale sede, l’Agenzia ha altresì precisato che la presunzione in commento esplica i propri effetti soltanto in presenza di riserve di utili disponibili per la distribuzione, non rilevando, quindi, a tale fine, le seguenti componenti di patrimonio netto:
riserva legale;
riserva statutaria, in quanto vincolata nell’utilizzo dall’atto sociale stesso, ad esempio
con finalità di aumento del capitale sociale;
riserva da utili netti da valutazione in cambi;
riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto;
riserva per acquisto di azioni proprie;
riserva costituita prima della trasformazione progressiva con utili imputati ai soci per trasparenza;
riserva da deroghe in casi eccezionali;
riserva indisponibile derivante dall’adozione dei principi contabili internazionali;
riserva in sospensione d’imposta.
A tale proposito, si ritiene che la verifica della consistenza delle riserve di utili disponibili ancora presenti nel patrimonio netto debba essere effettuata all’atto della delibera di distribuzione ai soci, e non a quella successiva di effettiva erogazione: è, inoltre, opportuno che la partecipata comunichi ai propri soci – e, in ogni caso, agli intermediari tenuti agli obblighi di sostituzione d’imposta – la diversa natura delle riserve oggetto della distribuzione, ed il relativo regime fiscale applicabile.