aree edificabili vanno tassate sulla base del valore venale commerciale

Cassazione 2018 afferma che se da atti notarili siano desumibili valori superiori alle delibere comunali, sono imponibili IMU

Le aree edificabili vanno tassate sulla base del valore venale commerciale e non su quello catastale, proprio dei soli terreni a vocazione agricola.

La fattispecie dei terreni edificabili è soggetta a tassazione facendo riferimento ad una base imponibile determinata sulla base del valore venale in comune commercio.

L’articolo 5, comma 5, D.Lgs. 504/1992 dispone quanto segue: 

“Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.” 

Uno degli aspetti più delicati riguardanti la tassazione locale sui terreni edificabili è la determinazione della base imponibile IMU. La Legge IMU (articolo 5, comma 5, D.Lgs. 504/1992) richiede infatti che il contribuente faccia riferimento al valore venale in comune commercio, aspetto che ovviamente impone un certo margine di manovra soggettivo.

Per cercare di ridurre la indeterminatezza riguardante la valorizzazione dei terreni edificabili, i Comuni determinano periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della determinazione dei valori di accertamento del Comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato dalla delibera comunale.  Lo scopo di tale previsione è fissare valori univoci e precisi, solitamente convenienti per il contribuente, allo scopo di incentivare i contribuenti ad utilizzarli per la tassazione dei terreni edificabili.

Tale previsione, introdotta originariamente ai fini Ici dall’articolo 59, comma 1, lett. g), D.Lgs. 446/1997, è stata abrogata dal D.L. 16/2012, limitando il rinvio al solo articolo 52, riguardante la generale potestà regolamentare del Comune.

Recentemente però il con sentenza n. 4969 del 02.03.2018 la Cassazione è intervenuta sul tema dei valori che devono essere assunti quale base imponibile per le aree fabbricabili. 

Soprattutto, sull’effetto da attribuire alle delibere comunali che fissano tali valori per zone omogenee.

La posizione espressa dalla Cassazione porta a disconoscere l’effetto autolimitante che le delibere comunali dovrebbero avere.

In tale sentenza si afferma che, quando da atti pubblici notarili siano desumibili valori superiori a quelli determinati dalle delibere comunali, il Comune ha diritto a chiedere l’imposta sulla base di tali maggiori valori, rendendo conseguentemente, i valori contenuti in dette delibere divengono, di fatto, inutili.

 

Ai fini Imu, pertanto, tali delibere sono state relegate al rango di semplici indicazioni di valore. Su tale aspetto la posizione nuova della Cassazione darebbe al Comune avrebbe la possibilità di disattendere tali delibere, per contestare valori superiori a quelli deliberati, utilizzando i valori in atto se superiori determinandone quindi il valore commerciale dall’atto.

 

Nell’ambito delle “linee guida regolamentari” approvate dal Ministero si legge: “Nulla vieta, peraltro, che la disposizione regolamentare di autolimitazione dei poteri di accertamento possa essere riproposta anche per l’Imu.”Ciò sta a significare che:

-se il Comune introduce tale effetto “autolimitante” (come era nel passato) il contribuente può adeguarsi al valore deliberato, beneficiando del relativo effetto definitorio;

-se il Comune nulla dice nel proprio regolamento, i valori deliberati sono solo indicativi e l’adeguamento a tali valori non offre nessun effetto benefico per il contribuente.

 

Quindi è ancora tutt’oggi possibile per il Comune introdurre una delibera con effetto autolimitante.

La recente sentenza della Cassazione pare comunque in linea con tale nuovo indirizzo per cui nella ordinanza si legge “il perseguimento della finalità deflattiva del contenzioso non è ostacolato dal riferimento a valori di mercato agevolmente ed univocamente desumibili da “atti pubblici o privati” di cui il Comune di Fagnano Olona abbia il possesso o la concreta conoscenza, trattandosi di elementi sufficientemente specifici ed in grado di contraddire quelli di segno diverso ricavati in via presuntiva dai rilevati valori delle aree circostanti aventi analoghe caratteristiche”.

La novità lascia perplessi.

La posizione assunta dalla Cassazione finisce quindi per snaturare del tutto il principio che aveva spinto il Legislatore ad introdurre questi valori di riferimento emessi dai Comuni.

Se questa è la nuova indicazione ed interpretazione da attribuire ai valori deliberati dai Comuni, varrebbe affermare che i valori sono delle solo indicazioni di massima, di fatto eliminandone ogni efficacia giuridica.